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- PAPA INNOCENZO IV (Sinibaldo Fieschi) -
a cura del dott. Fabrizio Gabrielli



Fu papa dal 25 giugno 1243 al 7 dicembre 1254, succedendo, dopo 20 mesi di sede vacante, all'effimero pontificato di Celestino IV. Sinibaldo Fieschi dei conti di Lavagna, genovese, fu eletto pontefice mentre intorno ad Anagni e a Roma premeva con le sue armi e i suoi maneggi l'imperatore Federico II, il quale inviò al nuovo papa una solenne ambasciata con i cancellieri imperiali Pier delle Vigne e Taddeo da Sessa, offrendosi di fare quant'era in suo potere per l'onore e la libertà della Chiesa, salvo, però, il diritto e l'onore del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica. Innocenzo rispose freddamente, ponendogli tre condizioni: intera restituzione delle terre papali, scarcerazione dei prelati fatti prigionieri da Federico alla Meloria, adeguata penitenza dell'Imperatore. Queste condizioni parvero a Federico troppo gravi e l'ultima umiliante. Seguirono tuttavia trattative e tergiversazioni, alle quali pose fine la fuga del papa, seguito dai 12 cardinali da lui creati in tutta fretta e dai familiari.

Papa Innocenzo IV

Innocenzo, imbarcatosi a Civitavecchia sulla flotta genovese che lo attendeva, approdò pochi giorni dopo a Genova, accoltovi trionfalmente dal popolo suo concittadino. Quindi, attraversato il Piemonte, per il passo del Moncenisio scese in Savoia, giungendo a Lione, dove nel giugno 1245 convocò il XIII Concilio ecumenico, al quale intervennero 140 prelati, l'imperatore d'Oriente Baldovino II, gli ambasciatori dei sovrani. Federico, adirato per l'agire del pontefice che lo faceva apparire persecutore, mandò a Lione in sua vece Taddeo da Sessa con l'incarico di avvalersi di tutta la sua eloquenza e dottrina giuridica per scagionare l'Imperatore e dimostrare che quel concilio non era ecumenico. Ma Innocenzo dichiarò scomunicato e deposto l'Imperatore, sciogliendo i suoi sudditi in perpetuo dai vincoli di fedeltà.

Federico, che si trovava allora a Torino, pubblicò il famoso manifesto, indirizzato ai prìncipi cristiani, nel quale, sulla base di concetti audaci e rivoluzionari per il suo tempo, denunciava, con evidenti scopi politici, i reali vizi, le smoderate ricchezze e la corruzione dei prelati. Il papa rispose con l'enciclica "Aeger cui laevia", contenente la formula perentoria e assoluta della teocrazia papale del Medioevo, affermando che il primato pontificio è immediata istituzione del figlio di Dio: nessuno può sottrarsi alla giurisdizione del Vicario di Cristo; il potere delle Chiavi abbraccia ogni uomo e ogni cosa e infine che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi successori l'impero universale del cielo e della terra.

La condanna di Lione coincise con il precipitare delle sorti di Federico II, che moriva poco dopo (1250). Innocenzo si rallegrò alla sua morte per le sorti dei guelfi in Italia, come risulta dalla bolla "Laetentur caeli" (1251); ma, dopo essere trionfalmente rientrato in Roma, a sua volta moriva a Napoli (1254), dove si era recato con un forte esercito per impedire la salita al trono di Manfredi di Svevia. Insigne giurista, ha lasciato numerose opere, tra le quali si ricorda particolarmente l'Apparatus in quinque libros Decretalium. Gli successe Alessandro IV.