Le bottiglie di quando Rodi era ancora Italiana
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Esaltato da Virgilio nelle “Georgiche” elogiato da Orazio, Plinio e Catone, e raccomandato dai seguaci di Ippocrate come “nettare salutare”; i buongustai di Roma, nei tempi più fulgidi dell’Impero, imbandivano le loro mense con il biondo vino rodio. Scavi archeologici portarono alla luce anfore locali con impressi il “marchio di garanzia”: due bolli rappresentanti la rosa o la testa del dio Sole, Helios. Queste anfore erano destinate al trasporto verso i mercati della capitale dell’impero romanoi, intenditrice di prelibate vivande. Il vino di Rodi ha continuato ad essere prodotto e gustato nei secoli. Pochi però, forse conoscono che il suo marchio più conosciuto, C.A.I.R (Compagnia Agricola Industriale di Rodi) agricolo italiano di Rodi), risale ai tempi dell’occupazione italiana delle isole del Dodecaneso. Gli italiani si istallarono sull’ isola nel 1912, dopo la Pace di Losanna. Subito videro che dalle notevoli risorse della natura, dal dolce clima e dalle tradizioni locali, si poteva ricondurre l’isola allo splendore dei tempi lontani. I quattro secoli di dominazione ottomana avevano purtroppo lasciato, in pieno disordine e abbandono, il patrimonio naturale. Il Governo italiano, così, concentrò il suo interessamento su Rodi e Coo, le isole maggiori e più suscettibili di valorizzazione agraria. Nessuna pianta come la vite, era capace di fornire ogni anno e nelle diverse qualità di terreno, in cambio di pochi lavori e semplici concimazioni, un prodotto cosi abbondante. Per meglio determinare la qualità dei prodotti delle varietà locali e procedere alla vinificazione, nel 1922 il dott. Alberto Caselli, vice direttore e docente presso l’Istituto Agricolo Coloniale Italiano, ebbe l’incarico di organizzare a Rodi un ufficio agrario. Il dott. Caselli si associò alla già esistente società vinicola “Fassati” che diventò in seguito la “Fassati&C°”, che aveva uno scopo sperimentale. I vari sistemi di vinificazione permisero un migliore orientamento per una futura industria enologica, con conseguente incremento della coltura della vite. Questo anche da parte degli agricoltori locali che trovavano difficoltà a collocare il prodotto male preparato e difficilmente conservabile. La “Fassati” però, attraversò un periodo di difficoltà subendo notevoli perdite, tanto che si credette opportuno rinunciare al proseguimento degli esperimenti. Il dott. Caselli perciò si rivolse ad un altro gruppo di capitalisti che fecero sorgere, con l’incitamento del Governo, il 12 luglio 1928 un moderno stabilimento enologico: la C.A.I.R. ( Compagnia Agricola Industriale di Rodi ). Il “Messaggero di Rodi” del 2 agosto, pubblicava i nomi dei soci fondatori: lo stesso Caselli, Direttore della società, Gino Pachiani, Vittorio Alcadef, Giovanni Battista Doliani, Natale Sardelli e Francesco Ferrini. Lo stabilimento fu costruito nell’allora quartiere di Acandia, nelle immediate vicinanze del mare per poter più facilmente fare affluire le navi che importavano l’uva dalle altre isole. Fornito dei più moderni impianti di cantine e di frigoriferi, iniziò subito con una potenzialità produttiva giornaliera di cinquantamila litri di vino. La C.A.I.R. istituì inoltre un’azienda agricola, proponendo sopratutto la produzione di uve da vino e specialmente dei moscati. Si coltivarono varietà italiane di uve aromatiche da tavola e da vinificazione. Si pensò poi a produzioni qualitative, più che quantitative. Si sperimentarono cento vitigni e ci si indirizzò verso una realizzazione sia tecnica che economica. Nel 1930 la C.A.I.R. costituì una succursale per la produzione dei vini nell’isola di Coo. Nel 1933 in una locandina dell’epoca, vengono elencati: il “Rodi Bianco Secco”, il “Rodi Rosso Secco, riserva 1923”, il “Moscato di Rodi” dal sapore delicatissimo, il “Passito Bianco” preferito dalle signore, i vini liquorosi quali il “Malvasia”, il “Porto Acandia”, il “Castellanía” ed il primo “Moscato Spumante Rodi”. Nelle varie fiere campionarie in Italia ed all’estero, la C.A.I.R venne premiata con grandi premi e medaglie d’oro. L’azienda riuscì a fissare e stabilire alcuni tipi di vini sui principali mercati, non solo nel bacino del Mediterraneo, e nell’Europa nord-occidentale ma anche al di là del Suez, Gibilterra e Messico. Alla fine della seconda guerra mondiale e con l’annessione, nel 1947, del Dodecaneso alla Grecia, i viticultori greci e il nuovo governo mostrarono un forte interesse affinché la produzione dei vini della C.A.I.R. continuasse. Basandosi sul buon nome dell’azienda e per assicurare un sicuro avvenire ai viticultori dell’isola, si cercò di fare acquistare le azioni della società da imprenditori greci. Nel settembre del 1947 tutte le azioni passarono nelle mani dell’ importante industriale Bodosakis-Athanassiadis e della ATE (Banca Agricola Greca). Oggi la C.A.I.R. fa parte della E.A.S.A (Cooperativa agricola del Dodecaneso). L’azienda vinicola che negli anni ’40 segnalò una esportazione annua di 20.000 ettolitri, resta molto attiva fino ai nostri giorni. Il nuovo stabilimento, più grande ed attrezzato, costruito due anni fa sulla via Rodi-Lindos, continua ancora a fare apprezzare l’ottimo vino di Rodi.
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